Blisterografie
Il lavoro sui blister ha inizio quando Giacomo Giannini viene rapidamente traghettato dall’omeopatia alla medicina farmacologica tradizionale. L’autore ha così iniziato a “frequentare” i blister, oggetti per lui affascinanti, metallici, spaziali.
Scegliendo di conservarli dentro grandi barattoli di vetro per non perdere la memoria del percorso che suo malgrado doveva affrontare, un giorno si è reso conto che dietro il gesto della forza applicata per provocare la rottura dell’alluminio, apparivano nelle cavità dei personaggi.
Volti definiti dal taglio della luce e delle ombre, mostri deformati dall’angoscia, microritratti, trasfigurazioni in bilico tra la vita e la morte piene di inquietudine e ironia, interpreti di una narrazione introspettiva, via di fuga dalla malattia stessa.
ARTE E SCIENZA – Milano, Gennaio 2019
Una riflessione scientifica
“La vita delle persone può cambiare improvvisamente a causa di una malattia: lo stile cambia e nelle abitudini quotidiane si inserisce l’assunzione dei farmaci. Mono o poli-terapia, i farmaci diventano oggetti della routine quotidiana, occupano posto nei cassetti, sono raccolti in scatoline settimanali. La maggior parte di pillole, compresse o capsule sono contenute nei blister, che diventano parte dell’ambiente di chi deve assumere “delle medicine”. Questa nuova abitudine coinvolge la nostra memoria: dobbiamo ricordarci di prendere le medicine… E poi i blister si buttano e a seconda di come sono fatti diversamente si riciclano. E se tra le varie forme di riciclo si inserisse un recupero artistico del blister? Se ogni singolo blister diventasse una piccola opera d’arte che trasmette un messaggio interpretativo dell’essere umano? Questo l’intento di Giacomo Giannini artista che, diventato frequentatore di blister suo malgrado, ha trasformato e inserito nel suo percorso la blisterografia facendo diventare una necessità terapeutica una forma di cura: creare artisticamente. L’oggetto artistico trasmette emozioni e stimola le funzioni cognitive del fruitore dell’opera d’arte. Per questa ragione l’arte è per definizione curativa: l’arte è una cura dell’anima. Il percorso artistico di Giannini con il quale mi ‘sono incrociata’ ha suscitato il mio vivo interesse come neuroscienziata e clinica. I suoi prodotti artistici mi hanno stimolato e spinto a pensare di utilizzare queste opere come strumenti conoscitivi del percorso di malattia e come strumenti riabilitativi. Se invece di buttare / scartare gli involucri dei nostri farmaci, li recuperassimo grazie al genio fantasioso di un’artista, e li offrissimo al pubblico perché si diverta a interpretarli? L’odioso oggetto da scartare magicamente rientra nella nostra vita con una componente addirittura riabilitativa: stimola la nostra fantasia, le nostre capacità interpretative, le nostre emozioni positive. Questo nuovo scenario nato dall’intuizione fantasiosa di un artista, è meritevole di diffusione attraverso lo strumento espositivo, ma anche di un approccio metodologico nella prospettiva ‘visionaria’ di una forma di riabilitazione nuova e originale.“
Prof.ssa Gabriella Bottini
Cognitive, Clinic and Forensic Neuropsychology Lab Neuroscience and Society Lab Department of Brain and Behavioural Sciences (DBBS) Università degli Studi di Pavia, Italia