Isle of View
“Isle of view” è una visione, una lettura da un punto di vista privilegiato, soprattutto se immaginiamo che è stato realizzato nel periodo tra gli anni 1987/1992. L’uomo e le sue tracce lasciate dietro di sé sul territorio sono il tema principale. Un uomo inconsapevole ignaro che a volo d’uccello altri osservatori potessero interpretare e leggere questi segni da lui generati. Un uomo egoista e presuntuoso, limitato senza una visione totale e generosa del proprio mondo.
Testo critico di Monica Poggi
Gennaio 2023
Curatrice e Responsabile Mostre di Camera Torino
“Ciò che a primo impatto appare come un insieme astratto di forme e colori, dopo qualche istante di osservazione rivela alcuni dettagli riconoscibili. Un trattore, degli ammassi di sabbia, un fiume di fango che si riversa nel mare cristallino e i solchi lasciati sui campi dall’agricoltura.
A mettere a dura prova il nostro orientamento sono le immagini realizzate da Giacomo Giannini fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, opere che sembrano voler negare il concetto stesso di paesaggio. Attraverso questo lavoro, Giannini rifiuta infatti il tipico sguardo frontale delle cartoline, complici di aver diffuso un’idea particolarmente stereotipata dell’Italia, per assumere un punto di vista zenitale: tutte le immagini della serie “Isle of View”, sono scattate da un elicottero che sorvola la penisola da una quota media di 500 piedi d’altezza. Nonostante la posizione consenta di lasciar vagare lo sguardo su orizzonti ampi e meravigliare con spettacolari vedute, decide di chiudere l’inquadratura su porzioni di spazio circoscritte, escludendo tutto ciò che è superfluo. Il risultato è un susseguirsi di forme e colori che tendono all’astrazione. I tagli da lui scelti e la prospettiva insolita contribuiscono ad aumentare lo smarrimento, trasformando così i luoghi ritratti in mappe illeggibili. Anche quando i punti di riferimento ci sono, si prendono gioco della confusione di chi osserva. Perché questo edificio galleggia in aria lasciando un’ombra geometrica sotto di sé? Perché questa barca naviga su un mare di pneumatici? La risposta è da ricercare nella capacità di Giannini di sfruttare la banalità del reale per creare dei piccoli enigmi visivi.
Leggendo questo lavoro in relazione agli sviluppi del linguaggio fotografico, appare evidente la capacità di Giannini di partire da istanze simili a quelle che hanno mosso gli autori di Viaggio in Italia, capitanati da Luigi Ghirri, per arrivare pochi anni dopo a soluzioni di ancora maggiore rottura. Se lo scopo condiviso è quello di ritrarre il paesaggio italiano uscendo da cliché e stereotipi, le immagini di “Isle of View” anticipano alcune delle pratiche più in voga nella fotografia internazionale di oggi. lo sguardo dall’alto, facilitato e stimolato dal lancio nel 2005 di strumenti come Google Maps, è infatti una modalità molto impiegata dagli artisti per indagare le implicazioni sociali e politiche dell’azione umana sull’ambiente.
La connotazione analogica delle fotografie di Giannini, oltre a evidenziarne l’abilità tecnica, contribuisce a infondere nella rappresentazione una morbidezza di toni e di forme che le immagini satellitari non possono avere. I colori saturi e densi delle stampe Cibachrome e C-Print sono inoltre perfetti per far emergere i contrasti e le geometrie di un’Italia fatta di avvallamenti, solchi e strade tracciate sul terreno sabbioso.
Posizionandosi a metà strada fra la matericità della pittura e la precisione delle nuove tecnologie, il lavoro di Giannini ci mostra un punto di vista diverso, tutt’ora in grado di raccontare e interrogare il nostro rapporto con il territorio.”
1986/1992
Stampe vintage
Roberta Valtorta
Milano 2/6 marzo 1989
SICOF’ 89 Sezione Culturale
““Isle of view”, il titolo che Giacomo Giannini ha deciso per questo suo lavoro dedicato al mondo visto dall’alto, è una combinazione di parole che sollecita alcune riflessioni.
Non è un gioco ragionare su un titolo quando l’autore ne è consapevole e convinto, anzi trova in esso quasi un coerente compimento della sua ricerca e un appiglio per rinnovarla e svilupparla.
“Isola di vista”, rimanda in modo immediato al punto di vista, che è una delle chiavi fondamentali del linguaggio della fotografia, ciò che consente al fotografo di determinare la composizione.
Al tempo stesso però il termine “isola” sottolinea qui l’altro importantissimo polo della visione fotografica, l’inquadratura, che altro non è che un privilegiare porzioni precise della realtà, scegliendole fra le moltissime possibili e separandole dal resto, isolandole appunto.
Ma, inoltre, se guardiamo la realtà dall’alto e da una adeguata distanza, isole ci appariranno tutti gli oggetti, nella loro dimensione fisica ben delimitata, l’uno confinante con l’altro, oppure distanti. E allontanandoci enormemente, come astronauti, anche la terra stessa alla fine ci apparirà come un oggetto ben circoscritto nello spazio.
Infine, “Isle of view” suona come “I love you”, nota Giannini.
Il mondo visto dall’alto e da lontano si trasforma e diventa più amabile.
È più bello, si può amare. L’eccezionalità del punto di vista e l’allontanamento eliminano stridori e contraddizioni, non soltanto estetici: il mondo rinasce, i particolari acquistano un nuovo senso, i segni della natura e i segni dell’uomo non appaiono più in contrasto fra loro, come è nella vita, ma si collegano a originare nuove forme, armoniose e interessanti.
Se da un lato Giannini rende omaggio a questa inedita grafica del mondo a questa diffusa scrittura che offre alla registrazione fotografica spontanee, naturali opere astratte o informali, dall’altro osserva dal vivo l’intrecciarsi delle espressioni della natura e di quelle della civiltà, quell’ampio campo di indagine che compete alla geografia antropologica.
A questo punto le forme rivelano ben più complessi significati: l’osservatore attento lo noterà.”