(L’uomo) Senza macchia
Per anni Giannini ha condotto una ricerca fotografica attraverso un punto di vista privilegiato. Dal 1986 al 1992, a bordo di un elicottero, ha cercato un nuovo modo di rappresentare la realtà con l’intento di superare la “banale” bellezza del paesaggio da cartolina.
Affascinato da sempre dalla relazione dell’uomo con il territorio inseguiva delle “macchie”: realtà quotidiane, paesaggi, ritagli di vita laboriosa definita da pennellate di colore e contrasti cromatici. L’uomo, in buona o cattiva fede, generava scenari artefatti dalle molteplici interpretazioni e, giorno dopo giorno, era come se scrivesse una nuova sceneggiatura inseguendo un’idea di profitto o di status symbol che lo rendevano protagonista cieco e abietto dinanzi al disastro ambientale che metteva in atto.
Giannini si alzava in volo, il sipario si apriva e solo apparentemente aveva l’illusione di una natura assorta, ricca di potenza poetica perché, allo stesso tempo, anche se osservava con la sospensione del giudizio e la meraviglia di un bambino, il paesaggio seppur bellissimo sotto i suoi occhi diventava man mano severo, doloroso, malinconico e scopriva una vastità sconfinata di luoghi assoggettati al volere dell’uomo, usurpati, traditi, modificati, feriti.
Sotto di lui si palesava una terra sconvolta, artefatta con pochi uomini ‘alieni’. Fuochi, fiamme, grumi di elementi fortuiti, magma, poche automobili, strani miscugli di colore e materia che coloravano la tela infinita di un quadro che sembrava appartenesse al mondo dei sogni, a una sequenza di un film apocalittico, a un viaggio senza ritorno.
Osservava dal vivo le macchie lasciate dall’uomo e dalla terra intrecciarsi tra loro e, via via, i particolari acquisivano un nuovo senso, i segni della natura e quelli dell’uomo si collegavano a creare nuove forme, a volte interessanti e armoniose, altre grottesche e surreali. Più fotografava, più capiva e si avvicinava alla trama della tela e quel quadro sotto i suoi occhi diventava più complesso e incredibile di quanto immaginasse.
Oggi l’autore pensa che troppo spesso, noi umani, per egocentrismo e debolezza, predichiamo la volontà di essere uomini e donne senza macchia, ma allo stesso tempo, accettiamo o decidiamo di diventare la controfigura di noi stessi. Sosia che interpretano il ruolo di cavalieri senza macchia a beneficio delle buone maniere sociali per poi trasformarsi in spietati opposti con una diversa identità. Già trentacinque anni fa, da una visuale privilegiata e attraverso il suo lavoro si rendeva conto delle fragilità del pianeta e dell’uomo e capiva che il prezzo da pagare un giorno, per la terra, la natura e per le generazioni future sarebbe stato altissimo.