Pornocolor

“Pornocolor” nasce nel 1994, un lavoro svolto all’interno della prima edizione del MiSex a Milano, una delle prime “fiere” dedicata al sesso. Lavoro per immagini sulla “partificazione” della donna, per l’autore essenza e sostanza del concetto pornografico.

1994
Stampe VINTAGE (color print)
su carta KODAK
Formato 7x5 cm e 30x24 cm
Opere uniche originali, firmate e intitolate sul retro

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Un periodo della sua ricerca super colorato, al limite della psichedelia. Agisce sulle lenti in fase di ripresa, con un mix di gelatine/filtri colorati e, successivamente anche in fase di sviluppo, alterando i parametri standard. Un lavoro pittorico e pittoresco che punta i riflettori sul corpo della donna. Corpi nudi, pezzi di donna avvolti da bagliori di colori acidi, spettacolo per gli ospiti, ai quali non viene rivolta che un’attenzione frammentaria.

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Giacomo Giannini Pornocolor
di Angela Madesani

“Nel 1994 si tiene a Milano la prima edizione del MiSex, un vero e proprio successo: 60.000 visitatori che potevano trarre grandi gioie dalla fiera del porno, che offriva spettacolini e momenti di intrattenimento. Gli stand offrivano la formula Shop & Show in cui alla parte commerciale si univa l’esperienza sensoriale. Non ci si limitava a guardare, si poteva, si doveva toccare con mano. E nelle foto di Giannini di mani ce ne sono molte, messe da tutte le parti.
Mi pare di potere definire questo un lavoro sociale, in cui manca, però, la parte seriosa, vagamente noiosa di chi studia e scrive.
Giacomo, con il suo atteggiamento scanzonato, burlone, con la sua macchina fotografica, che usa divinamente da fotografo pubblicitario si immerge nella fiera, sapendo che avrebbe scattato, giocato con quei corpi.
Il suo è comunque uno sguardo alla ricerca consapevole della bellezza femminile in un ambiente per certi versi squallido, misero. Giannini riesce a offrire una lettura inaspettata, per certi versi poetica, dei dettagli dei corpi che pare volerci raccontare senza filtri di sorta. E poi le mani degli uomini su quei corpi, curiose, viscide, nel mentre tengono vivo un sogno di sempre, la donna come oggetto di piacere.
Le atmosfere, le immagini di Giannini sono psichedeliche, entrarci è una sorta di sconvolgimento visivo. Ha agito sulle lenti in fase di ripresa, con un mix di gelatine e filtri colorati e, successivamente anche in fase di sviluppo, alterando i parametri standard. Lui stesso definisce quel lavoro pittorico e pittoresco.
Un’immagine mostra il seno di una donna sfiorato, toccato, palpato da mani maschili, assetate di sesso, senza volto. La donna oggetto? E chi se la ricorda più in quegli strani anni Novanta. Un momento! Il 1994 rimanda alla discesa in campo del Cavaliere che avrebbe portato la questione femminile di molti anni indietro. La donna anche in politica deve essere bella, desiderabile, procace. Il primo giudizio è sul suo corpo non sulla sua testa.
Solo un paio di jeans maschili con l’accenno di una cerniera aperta. Ma forse sono di una donna. Di lì a poco anche il maschio sarebbe diventato protagonista, con la sua virilità esasperata, del mondo dell’advertising.
Qualche mese fa sono stata nello studio di Giacomo e tra i lavori che mi hanno maggiormente colpito è “Angelica”, che raccoglie l’eredità di “Pornocolor”, le cui immagini sono stampate su alcuni quaderni della scuola elementare degli anni ’40 e ’50, quelli di un’Italietta moralista, in cui ai maschi il barbiere offriva in omaggio i calendarietti con le donnine in pose, allora considerate, osé. Oggi Giacomo Giannini ha scelto, divertito, di esporre “Pornocolor” in un cocktail bar, vuole trametterci attraverso la musica e la luce soffusa e indiretta dai toni caldi, esperienze multisensoriali, vuole riportarci al 1994 di quella fiera, alle sue immagini, alle sue provocazioni, che oggi vedono anche i ragazzini in Rete, senza quel senso di colpa, che ha accompagnato le nostre vite per molti decenni.”

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“Pornocolor” quindici anni dopo, nel 2009, si svilupperà in “Angelica”, un lavoro che mi porta a stampare personalmente le stesse immagini su una serie di quaderni degli anni 40/50 compilati durante il liceo da persone a me sconosciute, pezzi unici restituiti all’interno di teche museali.